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  • Immagine del redattoreGiovanni Sabattini

LE GIURIE DELLA QUARTA EDIZIONE DEL REFF



Finalmente è tempo di annunciare le giurie della quarta edizione del REFF:


  • CONCORSO PRINCIPALE



Foto di Constantin Schlachter

Robert Cahen (presidente)

«Vado alla ricerca, tra i miei ricordi, di alcuni momenti delle mie scoperte, l'importanza della musica concreta durante il mio apprendistato tra il 1969 e il 1971 e, allo stesso tempo, il passaggio dal mondo della musica a quello delle immagini. È stata l'elettronica a portarmi al video. Nel 1968 non sapevo che fosse possibile toccare le immagini (toucher aux images); inoltre, non conoscevo esattamente il funzionamento della televisione che guardavo. Credo di essermi interessato al'immagine elettronica quando ho imparato che era possibile manipolarla, conferirle una vita particolare, qualcosa che, per me, era simile alla magia. Durante i miei studi e anche alla fine del mio tirocinio nel 1971, quando fui accettato come compositore e membro del Groupe de Recherches Musicales (GRM), mi chiedevo continuamente quale tipo di esperienza creativa fosse più adatta a me: dovevo comporre musica? Creare immagini? Dipingere? Non riuscivo a capire cosa fosse più giusto per me. Quando agisci, non pensi a quello che stai facendo (Quand on est dans le geste, on n'est pas dans la réflexion de son geste). Devi avere tempo, e ora ho la giusta distanza e sguardo retrospettivo (recul). Quando mi sono avviato agli studi degli effetti al Dipartimento di Ricerca dell'ORTF (il Dipartimento di Ricerca diretto da Pierre Schaeffer, l'inventore e padre della musica concreta), sono entrato per fare ricerca, per lavorare sull'immagine elettronica, senza avere in mente un obiettivo particolare. Non mi sono chiesto se stavo facendo videoarte o cinema elettronico; no, ho semplicemente utilizzato gli strumenti a mia disposizione, buttandomi senza pensarci troppo su (sans recul), solo con il desiderio di esprimermi, o più precisamente di creare impressioni (créer des impressions) di suscitare emozioni. In un'epoca, la Francia degli anni '70, in cui il video era contraddistinto da una forte militanza politica, e lavorando nel dipartimento di ricerca dell'ORTF, mi sono dedicato ad un' «art à part». Ho deciso di far lavorare ciò che avevo dentro di me, di attualizzarlo, di andare oltre. Oltre all’aspetto estetico, quello che mi interessava era l'aspetto emotivo: sapere e capire cosa, attraverso immagini e suoni, provoca emozioni e imparare a riprodurle. Con la musica concreta ho scoperto il potere dell'ascolto. Un tipo particolare di ascolto, quello dei suoni decontestualizzati dalla loro fonte originaria (causalité). Questo mi ha aperto un nuovo sguardo sul mondo, ampliando notevolmente il mio campo creativo. La musica concreta è, intrinsecamente, innovativa, così come la manipolazione delle immagini elettroniche apre un mondo in cui raccontare può può assumere una configurazione alternativa (où la narration peut se décliner autrement). Volevo diventare un regista: mi sono formato col cinema e desideravo fare film (Le cinéma, je le désirais: formé par lui je rêvais d'en faire). Ma non riuscivo a raccontare storie nel modo tradizionale, con un inizio, una parte centrale ed una fine. Non mi ponevo la questione della logicità delle cose. Quello che mi premeva, e mi preme tuttora, è accompagnare lo spettatore verso un nuovo modo di vedere, di percepire, di leggere tra le righe di una storia da riconfigurare (à recomposer): l'entr'aperçu . Nel mio primo video-saggio, L'invitation au voyage (Invito al viaggio) del 1973, ho messo in immagini alcune riflessioni sul tempo, sullo scorrere del tempo e sulla trasformazione delle immagini. È stata un'avventura e ho potuto imparare cosa significasse girare un film, cosa significasse partire per le riprese con una piccola troupe e cosa significasse immergersi nella ricerca e nel mondo della sperimentazione. Credo che allora avessi un approccio molto “schaefferiano” al mio lavoro, che consisteva nel non usare le macchine per quello per cui erano state create, ma nel prenderle al contrario (à l'envers) per vedere se non fosse possibile che potessero esprimere qualcos'altro, qualcosa di diverso (quelque chose d’autre qui allait en sortir). Per prima cosa dovevamo fare delle scoperte. Come diceva Pierre Schaeffer, prendendo in prestito un’affermazione di Picasso: «trouver d'abord, chercher ensuite» (prima trovare, poi cercare). La questione della velocità è al centro dei problemi affrontati da Paul Virilio: i video Juste le Temps e Hong Kong Song del 1983 e del 1989 sono una risposta a questo problema. Critici illuminati hanno citato queste opere in relazione al pensiero di Virilio. È con le immagini in movimento che esprimo (j'écris) la mia posizione critica e filosofica! I temi che affronto nel mio lavoro sono legati alla mia storia personale: è stato Tarkovskij a scrivere in Scolpire il tempo che tutti portiamo dentro di noi storie degne di diventare oggetti filmici. La scelta del ralenti, ad esempio, che attraversa tutto il mio lavoro, rimane uno dei punti chiave della mia scrittura: cerca di raccontare, tra l'altro, ciò che non si vede, l’invisibile, ma anche, nel suo distendersi, di proporre una nuova partitura, una lettura aperta per lo spettatore che si proietta nelle immagini al ralenti e che può così costruirsi la propria storia. C'è anche la tensione, la suspense di ciò che verrà, contenuta nel "rallentatare", e poi, come ha, giustamente, scritto Roland Barthes, c'è il «rallentare per aver il tempo infine di vedere» (La camera chiara).»


«Videoartista, autore, di formazione musicale, Robert Cahen proviene dalla frontiera fra le arti. E' nato a Valence in Francia nel 1945, è cresciuto in Alsazia, si è poi spostato a Parigi dove si è diplomato al Conservatoire National Supérieur de Musique nel 1971 (classe di Pierre Schaeffer) e dove ha vissuto per vari decenni. Ha saputo trasferire al video le sperimentazioni tecniche e liguistiche della scuola della musica concreta; ricercatore presso l'ente pubblico radiotelevisivo francese (ORTF), è stato un pioniere nell'uso delle strumentazioni elettroniche, fin dai primi anni Settanta del Novecento. Tratta le immagini come i suoni, li organizza, li trasforma, offrendo un esempio della possibilità di scambio fra i modelli, i parametri dell' immagine e quelli della musica.  Considerato una delle figure più significative nel campo della creazione video, ha realizzato oltre settanta opere dal 1973 a oggi: film, film fotografici, video, videoinstallazioni. L'elaborazione di un universo poetico attraverso l'esplorazione del rapporto fra suoni e immagini e il trattamento del tempo dell'immagine (in particolare attraverso l'effetto di rallentamento) sono fra i suoi tratti stilistici più riconoscibili e originali. Nelle sue opere troviamo la tematica fondamentale del rapporto fra immagine fissa e immagine in movimento intesa anche come riflessione sulla vita e sulla morte; e uno sguardo del tutto originale sul paesaggio, trasfigurato, scolpito, pitturato, cesellato dai suoni. Il suo video Juste le temps, del 1983, è considerato un capolavoro della videoarte internazionale e un'opera chiave nella storia del video e del suo rapporto con la narrazione» Sandra Lischi.



Foto di Simona Pancia

Andrea Chiesi

«Non sono sicuro che sia una ricerca: io disegno e dipingo perché non potrei fare altro e soprattutto perché non so fare altro. Cerco un paesaggio che mi assomigli e lo traduco in pittura. Cerco figure che corrispondano ad uno stato emotivo e col disegno appaiono sulla carta. L’immagine dipinta è un varco che conduce al mondo immateriale: attraverso i pigmenti e l’inchiostro l anima si manifesta. È semplicemente così. »


Andrea Chiesi (Modena, 1966), vincitore del Premio Cairo della rivista Arte (2004), del Premio Terna (2008) e del Premio Gotham Prize dell’Istituto Italiano di Cultura di New York (2012), è uno dei pittori italiani più importanti della sua generazione. Analizza da anni il paesaggio contemporaneo, l’impermanenza e la vacuità, attraverso una pittura a olio su tela, profonda come una meditazione. Nei lavori più recenti indaga il ritorno della natura nei luoghi

abbandonati dall’uomo, attraverso il disegno: un meticoloso tratteggio di pennarello e velature di inchiostro di china su carta. Tra le mostre personali: Natura Naturans, Galleria Monopoli, Milano (2023); Natura Vincit, Sale di Cultura del San Paolo, Modena (2021); Eschatos, NM Contemporary, Principato di Monaco (2019); City of God, Being 3 Gallery, Bejing (2015); Perpetuum, X Lab, Berlin (2011); Beyond time, Nohra Haime Gallery, New York (2009), Comunità di memorie, Galleria D406, Modena (2009). È tra gli artisti invitati alla mostra Pittura Italiana Oggi, Triennale di Milano, 2023. È docente di pittura e disegno all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano.



Michele Bernardi

«Il cinema di ricerca, sperimentale è arte grezza, primitiva,  ma  allo stesso tempo avanguardia raffinata»


Michele Bernardi è regista e animatore. Ha svolto il suo training presso lo Studio Secondo Bignardi e ha fatto l’animatore presso Glm a Modena per la produzione della prima serie animata della Pimpa di Altan e La linea di Cavandoli. Diversi i premi e i riconoscimenti: Bit Movie (Riccione), Jazz bit di Turku (1994) (Finlandia), Foreign Animation Silver Award al 13th Shanghai Television Film Festival ( 2006). In panorama ad Annecy nel 2012 con Djuma, in concorso ad Animafest (Zagreb) nel 2012,Animateka, Anibar, Fest Anca, Anima Mundi, ReAnima e tanti altri. Mercurio (2018) ha partecipato a più di1 50 festival internazionali, oltre a n umerose menzioni speciali, vince come miglior corto animato ad Animaphix, Fescimed di Madrid, Imaginaria, Animaevka a Mogilev, Tindirindis a Vilnius, Bcn sport Film Festival di Barcellona, Sardinia Film Festival, Castelli Animati, Amarcort, Sciacca film Fest, Metricamente corto, Lucania FilmFestival, Youngabout di Bologna e Pentedattilo Film Festival. Finalista nei Nastri d'argento e semifinalista nel David di Donatello, è stato presentato all'Istituto di Cultura Italiana di Parigi. Diversi gli spot commerciali per: Barilla Mulino Bianco, Nestlè, Istat, Pomellato, Zanotta, Rai3 "Viva la Crisi" e Fondazione Ayrton Senna. Diversi i video-musicali: sono circa una settantina i videoclip prodotti per Tre allegri ragazzi morti, Luca d’Alberto, Le luci della centrale Elettrica, Colapesce, Punkreas, 24 Grana, Prozac+, The Zen Circus, Alfio Antico, Teresa De Sio, Extraliscio, Gianna Nannini, Pacifico, Eduardo De Crescenzo e altri ancora. Nell'estate del 2020 ha realizzato le animazioni per il documentario di Alessandro Preziosi La legge del terremoto. È docente di animazione presso l'Accademia delle Belle Arti di Palermo e de L’Aquila.



Cecilia Ermini

«I film dovrebbero essere qualcosa da vedere, non solo qualcosa da guardare», Kenneth Anger


Cecilia Ermini è Film Critic/Film Programmer. Lavora per la Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Ha fatto parte del comitato di selezione del Festival Internazionale del Film di Roma diretto da Marco Müller e collaborato per diversi festival, come il Cinéma du Réel a Parigi. Collabora con Il manifesto e Sentieri Selvaggi. Ha curato rassegne su diversi filmmaker come Franco Piavoli, Dimos Theos ed Ellis Donda.




Vanessa Mangiavacca


«Lo spazio del non-definito. Non ho una definizione personale del cinema sperimentale, proprio perchè da questa sua impossibilità di essere circoscritto, credo ne derivi e dipenda la sua vitalità. Mi piace pensarlo come materia fluida, capace di reinventarsi e identificarsi solo nel momento in cui incontra l'occhio e la sensibilità altrui. Una materia ibrida in costante mutamento, di forma e significati. Un atto poetico e politico di estrema libertà»


Vanessa Mangiavacca si occupa di programmazione cinematografica. Collabora dal 2020 con la Fondazione Home Movies dove è responsabile della produzione dei progetti di valorizzazione dell’archivio e del coordinamento delle attività educational. Dal 2023, è direttrice organizzativa del festival Archivio Aperto, dove è parte anche del comitato di selezione del concorso ufficiale. Ha fatto parte del comitato di selezione del Bellaria Film Festival (2022, 2023) ed è curatrice per Concorto Film Festival


Anna Marziano

«La vita intellettuale, la sperimentazione esistenziale e quella cinematografica formano nel loro insieme un tutt’uno che eccede ogni tentativo di compartimentazione volto ad organizzare, catalogare, presentare le differenti produzioni cinematografiche. Questo slancio creativo può intridere i nostri gesti quotidiani, questa è la ricerca più alta. A volte, ciò non può avvenire senza uno sfogo artistico parallelo, oppure, nei momenti migliori, esperiamo una sorta di esubero di presenza. Da qui può nascere un testo, una musica, una performance, un film… Quando però la realizzazione di un'opera non proviene da questo "luogo d’accensione", non si sta facendo ricerca artistica: in quest'ambito si usano ricette prestabilite, si cerca di sedurre un pubblico astratto, si permette che lo slancio creativo venga assorbito e omologato da produzioni finalizzate all’intrattenimento e all’omogeneizzazione sociale. Quando invece dei film si concedono solo in minima parte a questo processo o vi si oppongono in toto, con coraggio, generosità e spirito costruttivo, ne emergono dei film più o meno sconvenienti, capaci di rimettere in causa gli assunti del nostro vivere quotidiano. Se la maggior parte delle produzioni audiovisive funzionano come uno specchietto per le allodole, il cinema di ricerca è un danzare senza specchi. Le sue forme luminose e dinamiche son così sghembe e genuine che non si saprebbe proprio dove metterle, né come spettatori né come programmatori; eppure proprio quelle forme e quei movimenti possono inspiegabilmente arrivare a riattivarci singolarmente e pluralmente. Allora lo schermo smette di essere scudo, muro, ideale, distrazione... E si fa ponte. Ci fa accedere al contatto con il pensiero altrui e alla nascita di nuove versioni di noi. Ci fa sentire porosi. Plurali. Energici, nella nostra fragilissima microscopicità. Potenti, o leniti nella nostra impotenza, in quanto partecipi. Crea un legame che si dà nell’eterogeneità e al di là dei ruoli sociali. E quel sentire e quel pensare, nati durante un ascolto o una visione, si propagano e accompagnano il nostro sguardo nel quotidiano. Fruire del cinema di ricerca significa insomma andare a zonzo con la curiosità e il desiderio in cuor proprio di imbattersi in un incontro autentico. Ovviamente, in quanto fruitori, ci apriamo e ci trasformiamo volentieri solo quando si riconosce nel gesto dell’artista un sincero sforzo di significazione (o di convivenza con il non-senso). Così, fare cinema di ricerca significa tentare di comporre gli stimoli e gli slanci che ci attraversano, rispettando la complessità delle cose, accettando la nostra mutante singolarità, tenendo alto il nostro senso di partecipazione e di responsabilità. Per questo si potrebbe anche dire che il cinema di ricerca sia portatore di un afflato democratico: un lavoro asservito all’intrattenimento non sarebbe cinema di ricerca, così come non lo sarebbe un film che si sollazza nell'anticonformismo e nell’auto-referenzialità. Lunga vita al cinema di ricerca, in tutta la sua molteplicità»


Anna Marziano è una regista che compone con suoni e immagini in movimento; i suoi film indagano l’interdipendenza del vivente e le incessanti trasformazioni dei soggetti singolari e collettivi. Dopo essersi formata in Italia (Centro Sperimentale di Cinematografia - Roma) e in Francia (Ateliers Varan - Parigi, Le Fresnoy - Tourcoing), Anna si stabilisce tra Padova e Berlino, realizzando dei film che sperimentano con la forma del saggio e della poesia: La veglia (2009), Della mutevolezza di tutte le cose e della possibilità di cambiarne alcune (2011), Variazioni ordinarie (2012), Orizzonti orizzonti! (2015), Al di là dell’uno/ Beyond the one (2017), Al Largo (2020), Tutto qui (2022). I suoi lavori sono stati presentati internazionalmente nel corso di retrospettive (Mostra del nuovo cinema di Pesaro 2022, Volksbühne Berlin 2019), festival internazionali (TIFF Wavelenghts, Cinéma du Réel, IFFR Rotterdam…) e spazi artistici (FRAC - Dunkerque, Palais de Tokyo - Parigi, MAXXI - Roma, National Gallery - Washington DC, Werner Center for the Arts - Columbus OH…). Ha insegnato regia all’Università di Göttingen, presso il Srishti Institute Bangalore e presso la L.A.B.A. Rimini; è stata artista in residenza presso bangaloREsidency/Goethe Institut, Utopiana Genève, Bibliothèque nationale de France / Fondation Cino del Duca. I suoi film sono conservati presso la BnF Parigi, la Cineteca di Bologna, il CJC - Parigi e sono visibili sulle piattaforme Zalab, Mubi e DAfilms.



Sarab Collective (Nahid Rezashateri, Gianluca Ceccarini)


«Henry Miller scriveva: "Il film sperimentale, cosi chiamato solo perché osa mentire allo specchio della vita, non rappresenta il culmine dell'arte cinematografica. È solo un

tentativo, un passo esitante arrischiato in un mondo sconosciuto (...) in questo mondo che i nostri occhi aperti credono immutabile, vi sono delle possibilità di metamorfosi dal demoniaco fino al sublime che solo il gioco della fantasia può portare alla luce. E il cinema fra tutte le arti, possiede i mezzi più adatti a sfruttare questo elemento fantastico fino all'estremo limite.” Il cinema sperimentale è occhio capace di mostrare mondi paralleli dove tutto può essere sovvertito, una porta verso la dimensione onirica capace di svelarne le immagini; un terzo occhio che apre visioni inedite e sorprendenti. Il cinema sperimentale è Sguardo Espanso»


SARAB è un progetto collettivo creato nel 2018 da Nahid Rezashateri e Gianluca Ceccarini. Ci occupiamo di progetti fotografici, videoarte, suono, grafica ed editoria. SARAB è un’idea nata durante un viaggio nel profondo deserto iraniano mentre osservavamo il fenomeno dei miraggi, chiamati appunto sarab in lingua farsi. Inizialmente con interessi focalizzati soprattutto sulla fotografia, nel tempo Sarab si è arricchito ed ora è diventato un laboratorio attivo nella Fotografia di Ricerca, Video Art, Grafica, Editoria e produzioni di progetti sonori sperimentali. Proveniamo da studi ed esperienze diverse: Nahid Rezashateri è grafica/illustratrice, ha studiato arte e fotografia in Iran e si è diplomata in Media Art all'Accademia in Italia. Gianluca Ceccarini, liutaio di professione e recentemente impegnato in progetti di musiche elettroacustiche, ha una formazione antropologica, con interessi particolari verso l'antropologia visuale e l'etnomusicologia. Ci è sembrato così da subito stimolante provare a fondere i nostri interessi per dare vita a qualcosa che ci permettesse di esprimerci e soprattutto di raccontare storie. SARAB è in breve un laboratorio attraverso il quale tentiamo di raccontare storie con un approccio multidisciplinare e aperto alle contaminazioni. I temi dei lavori visuali sono spesso quelli classici delle discipline demoetnoantropologiche quali identità, memoria, rapporto uomo territorio etc., temi che vorremmo declinare anche attraverso il suono. La contaminazione tra antropologia e fotografia, due modalità di osservazione della realtà che secondo noi hanno molto in comune, è un aspetto che ci interessa molto in questo momento, così come la fusione di varie discipline in progetti che incorporano fotografia, immagini in movimento e suono. SARAB è anche condivisione, abbiamo infatti creato Sarab Magazine, uno spazio di condivisione attraverso il quale pubblichiamo progetti fotografici di altri autori, ed è anche una Etichetta indipendente di zine, libri fotografici e progetti sonori.


  • RIBALTA ANIMATA -Sound by Frame



Francesca Fabrizi

«Credo che il cinema di ricerca possa intendersi come un territorio in cui una storia si mostra nel suo costruirsi, una storia che apre delle crepe riguardo la sua nascita; come se un ricordo, preso fra le mani, venisse disseppellito, e il suono e l’immagine respirassero al contempo l’aria di un presente imbevuto di futuro, di sogno e di nostalgia. Credo che lo sguardo del regista sperimentale debba poter contenere tutte queste cose»


Francesca Fabrizi è un’artista intermediale romana, la cui pratica si rivolge primariamente ai luoghi di confine fra immagine e suono e si esprime tanto nella scrittura di momenti in luoghi aperti - footage, field recording, improvvisazione - quanto nella rielaborazione successiva in studio. Se il primo momento è come la testimonianza di uno stato di presenza, il secondo afferisce di più alla sfera del ricordo, ad un immaginare ancora e ancora suoni e visioni, fin dove li proietta il desiderio.



Giacomo Manzotti

«Fare cinema sperimentale significa abbracciare la libertà.  Intendo la libertà non come un'azione caotica che si espande in tutte le direzioni, ma come la capacità di stabilire una precisa formula personale che permetta di lavorare e osservare con fiducia l'opera che si sviluppa quasi autonomamente. Ritengo che l'artista debba affrontare il proprio lavoro creando problemi: la soluzione che troverà per risolverli diventerà la chiave che definisce il suo sguardo»


Giacomo Manzotti nasce a Modena nel 1986.

Si laurea in Media Design & Multimedia Arts alla NABA di Milano e completa il master in Computer Graphics presso Big Rock, a Treviso. Dal 2008 al 2010 lavora per RAI, sulla serie Lampi di Genio in TV di Luca Novelli.  Negli anni successivi collabora con diversi studi di animazione su progetti realizzati con tecniche che vanno dalla cut-out alla stop-motion. Dal 2012 al 2015 lavora come assistente alla regia, montatore e animatore per il lungometraggio animato Iqbal - bambini senza paura di Michel Fuzellier. Dal 2012 è docente presso la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano al dipartimento di Cinema e Animazione e collabora con Mimaster Illustrazione. Con il suo primo cortometraggio the immortality of the crab, inizia un percorso artistico personale nel cinema di animazione sperimentale. Il suo lavoro è stato selezionato a numerosi festival internazionali, tra cui il 58° Ann Arbor Film Festival (USA) e ha ricevuto la menzione d’onore al Punto y Raya 2023 (PT), il festival più importante per l’arte astratta in movimento. Vive a Reggio Emilia dove lavora come regista, animatore e motion designer indipendente. Tra gli altri ha lavorato per Ceres, TicTac, Redbull, Vibram, Lavazza, Museo Archeologico di Gerusalemme, Museo della Cattedrale di San Giovanni di Malta.



Mario Martignoni

«Considero il cinema di ricerca un approccio che porti qualche novità all'universo di questa forma d'arte. Per anni sono stato fruitore passivo delle proiezioni, poi l'esperienza di mettersi in gioco (con gli altri musicisti) per creare una colonna sonora originale sui film muti, ha arricchito la profondità della visione. È ovvio che il cinema degli esordi era sempre “di ricerca”, mentre in epoca contemporanea è sempre più difficile realizzare prodotti originali»


Mario Martignoni inizia a suonare la batteria nel 1973. Negli anni successivi si interessa anche ad altri strumenti a percussione e quindi alla musica etnica. Dal 1990 l'ingresso nel Laboratorio di Musica e Immagine e in altre realtà musicali sorte a Bologna, come la Banda Roncati e l’Ensemble Eva Kant, dirige l'interesse decisamente in direzione dell'improvvisazione, della composizione collettiva, del gioco sui generi musicali; quella che viene definita musica eterodossa. In particolare con il Laboratorio di Musica e Immagine si lavorava per la composizione e l'esecuzione di colonne sonore per film muti (A propos de Nice di Jean Vigo, Un chien Andalou di Louis Bunuel, The Scarecrow di Buster Keaton). Si forma in questo periodo anche la Scuola Popolare di Musica Ivan Illich, dove insegna batteria per una decina d’anni. Dal 1994 ho realizzato il progetto Compagnia d’Arte Drummatica, e collabora con diversi musicisti sempre nell'ambito della musica di ricerca o eterodossa. Nelle diverse realtà incontrate ho partecipato a seminari e collaborato con musicisti come Paolo Fresu, Fred Frith, Jon Rose, Butch Morris, David Moss, Pierre Favre e partecipato a festival internazionali, come il MIMI, Les Oreilles en Pointe e Musique Action in Francia, Blasnost Frontal a Berlino, Angelica a Bologna, Time in Jazz a Berchidda (SS), Jazz in it a Vignola (MO). Da oltre 10 anni è costante la collaborazione con il Teatro dei Mignoli per la sonorizzazione dei progetti teatrali e per l'attività didattica di Banda Riciclante. Uno dei pretesti più stimolanti per il lavoro di Compagnia è la sonorizzazione di film d’animazione. Questo universo infinito, per tecniche, poetica, fantasia, fascino, ha portato il gruppo a comporre ed eseguire musiche e suoni per diverse opere storiche e per alcuni cortometraggi contemporanei. Va considerata la speciale competenza in questo campo di Andrea Martignoni, che ha aperto al gruppo questi orizzonti. Compagnia ha realizzato le sonorizzazioni per decine di film d'animazione, eseguite in diversi festival internazionali come CinemAria, Mantova (2004); Animator Festival, Poznan - Polonia (2009-2010-2011), Animateka, Lubiana - Slovenia (2010), R.I.C.A. Wissembourg - Francia (2012), Rimusicazioni – Bolzano, Pergine (2013-2014-2015), Un film nello zaino –Bologna (2015-2016-2018-2020).


  • SPIRAGLI



Fabrizio Grosoli

«Il cinema di ricerca oggi ha davanti a sé una grande sfida: selezionare immagini e suoni che sfuggano a una devastante omologazione. Quella che ritroviamo ogni volta che apriamo un “contenuto” sui nostri dispositivi, ma che affligge anche gran parte di ciò che arriva nelle sale cinematografiche. Omologazione culturale, narrativa, emotiva, sensoriale. Il cineasta di ricerca deve mettersi in gioco, anche dolorosamente se occorre, non giocare con il proprio pubblico, virtuale o meno. Non può permettersi di confortare o rassicurare e sa di avere per questo una precisa responsabilità che è sempre sociale, rivolta a una collettività inevitabilmente globale»


Fabrizio Grosoli è critico e giornalista cinematografico. Ha diretto, tra gli altri, il Bellaria Film Festival, Il Trieste Film Festival, Visioni dal Mondo a Milano. Ha fatto parte del comitato di selezione della Mostra del Cinema di Venezia e del Festival di Roma. Ha fondato e diretto il ViaEmiliaDocFest a Modena. È stato responsabile della programmazione e commissioning editor alla pay-tv TELE+. Ha prodotto film documentari per Fandango e Vivo Film. È stato consulente per acquisizioni e distribuzione a Fandango, Officine UBU e I Wonder Pictures.



Foto di Giulia Strazzi

Gianluigi Lanza

«Il cinema per me è non soltanto il modo migliore per riflettere sulla vita (la mia e quella di tutti gli esseri viventi), per imparare cose che non conosco e confrontarmi con ‘l’altro’ in generale, ma è anche e soprattutto divertimento e gioia di essere al mondo. Il cinema di ricerca va per me sempre in questa direzione, ma aprendo un varco di luce differente – obliquo, sghembo, molte volte rivelatore – rispetto al cinema mainstream, e dunque uno sguardo che mi incuriosisce e che mi affascina allo stesso tempo. Spesso provocando emozioni inaspettate che mettono in moto la testa e – sempre – il cuore»


Gianluigi Lanza, classe 1966, eredita coi geni della madre la passione per il cinema. Successivamente arrivano quelle per il teatro, i libri (soprattutto romanzi gialli) e i viaggi. Dopo la maturità classica conseguita nel noto liceo modenese ‘L.A. Muratori’, Gianluigi frequenta l’Università degli Studi di Bologna, passando da Lettere Moderne al DAMS, ma senza laurearsi in nessuna delle due Facoltà. Verso la fine degli anni ’90, sapendo scrivere discretamente bene, inizia a collaborare con un quotidiano modenese, successivamente attiva collaborazioni con altri giornali locali – sia mensili che settimanali – e con emittenti radiofoniche e televisive sempre locali fino a diventare giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Oggi lavora come addetto stampa per l’agenzia di comunicazione e pubbliche relazioni Nevent di Modena occupandosi soprattutto di manifestazioni fieristiche, cura per conto di ATER Fondazione la comunicazione di alcuni dei teatri gestiti in provincia di Modena dall’Associazione attraverso il Circuito Multidisciplinare Regionale; inoltre collabora con il Resto del Carlino Modena per le pagine di Spettacoli e Cultura. Ha l’onore e l’onere di essere da nove anni Direttore Artistico del Nonantola Film Festival e di far parte dell’omonima associazione affiliata Arci che organizza la manifestazione. All’amore per cinema, teatro e libri si è prepotentemente affacciato negli ultimi anni quello per le Serie Tv, di cui è onnivoro spettatore.



Foto di Francesco Francaviglia

Rosaria Lo Russo

«Come poeta ho da sempre praticato ricerca, con la scrittura, con la messa in voce della poesia, con l’editoria, collaborando spesso con autori di discipline altre dalla scrittura. La mia passione per l’immagine in movimento si è concretizzata in un documentario su Amelia Rosselli, per la regia di Stella Savino, in cui ho collaborato alla sceneggiatura e ho fatto la voce guida. Da sempre guardo al cinema come all'arte totale, che comprende ogni arte e che può trasfigurare in cinema stesso ogni altra espressione artistica, come il teatro ma.... un po' di più, grazie alla realtà aumentata dalla tecnologia. Come ogni arte inoltre il cinema o è di ricerca o è intrattenimento, quindi ben venga ogni sperimentazione!»


Rosaria Lo Russo, poeta, performer, traduttrice, saggista, è nata a Firenze, dove vive, nel 1964. Per la poesia ha pubblicato in volume L’estro, Cesati, 1987, Vrusciamundo, I quaderni del Battello Ebbro, 1994, Comedia, Bompiani 1998, Penelope, d’if 2003, Lo dittatore amore. Melologhi, Effigie 2004 (già Premio Antonio Delfini, 2001), Io e Anne. Confessional poems, d’if 2010, Crolli, Le Lettere 2012 (precedentemente con Battello Stampatore, 2006), Poema (1990/2000), Zona 2013, Nel nosocomio, Effigie, 2016, con Daniele Vergni il libro con mediometraggio in dvd Controlli, Monza, Millegru, 2016 (Premio Elio Pagliarani 2017), Anatema, Effigie, 2021, Rina, Battello Stampatore, 2021, Unamedea, Valigie Rosse, 2021 (Premio Ciampi-Valigie rosse 2021), Tande (Vydia, 2023). Ha pubblicato quattro libri di traduzioni da Anne Sexton; Poesie d’amore, Le Lettere, 1996 (seconda edizione riveduta e corretta, 2019); L’estrosa abbondanza (antologia con Edoardo Zuccato e Antonello Satta Centanin), 1997; Poesie su Dio, Le Lettere, 2003; Il libro della follia, La nave diTeseo, 2021 e Trasformazioni, traduzione integrale di Transformations di Anne Sexton, per La nave di Teseo (2023). Per la saggistica, in volume ha pubblicato: Figlia di solo padre, Seri Editore, 2020, La protagonista di Pirandello, Metauro, 2021. Ha messo in voce la Commedia di Dante con lo spettacolo Voci in Comedia. Lectura Dantis, dal 2000 in poi e moltissimi poeti, quasi sempre alla loro presenza, fra i quali Bigongiari, Luzi, Pagliarani, Brodskij, Caproni, Zanzotto, Szymborska, Vicinelli, Balestrini, Calogero e Rosselli (in cd e dvd ne La furia dei venti contrari. Variazioni Amelia Rosselli, a c. di A. Cortellessa, Le Lettere 2007).






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